La nostra storia parla di un sogno e nasce in un momento in cui sognare è stato per tutti un po’ più difficile. Spesso però i momenti di crisi possono rivelarsi scosse potenti da cui nascono crepe che emanano luce. Noi la nostra luce l’abbiamo trovata qui in Help2Help in mezzo a tutto il buio che ha abbracciato l’Italia e con lei tutto il mondo.
Siamo giovani, diversi, alcuni di noi non si sono nemmeno mai incontrati di persona. Distanti geograficamente ma accomunati dalla voglia di contribuire in qualche modo dalle nostre case in un momento tanto complicato. Da qui è nato il nostro progetto che ha trovato spazio tra le nostre vite e che ci ha fatto credere che il bene esiste anche quando sembra che per vederlo serva il cannocchiale. Bisogna solo crederci e se non basta crederci più forte.
L’Hackathon
Tranquilli, nemmeno tutti i membri del team sapevano cosa fosse un’ hackathon prima di parteciparvi, non siete esseri spregevoli, non per questo almeno! Un’ hackathon è un evento al quale partecipano, a vario titolo, esperti di diversi settori, di solito, appartenenti al mondo dell’informatica: sviluppatori di software, programmatori e grafici (ma nel nostro caso anche psicologi e matematici). Un evento che ha una durata variabile che va da giorni a settimane prevedendo un premio finale.
L’hackathon a cui abbiamo partecipato si intitolava OMAC (One Milion Arab Coders) Covid-19 ( www.omachack.com. ) ed era lanciata e promossa da DFF (Dubai Forniture Foundation). L’obiettivo era quello di sviluppare soluzioni innovative alle sfide emerse a causa della pandemia scatenata dal Covid-19 e prevedeva di apportare il proprio contributo nei più svariati settori: dai servizi sanitari, all’istruzione, alla solidarietà sociale. L’unica richiesta era quella di apportare un progresso, cambiare qualcosa a beneficio della società, indipendentemente dal settore in cui si decidesse di operare.
Come si capirà dal titolo l’evento era principalmente diretto a giovani programmatori arabi ma di fatto non c’era nessuna regola scritta che impedisse a un team come il nostro di iscriversi.
La sfida è arrivata per caso, ci è piaciuta e quindi l’abbiamo accettata.
Allora il nostro Team era composto da Carolina Bianchi, Elisa Chiapponi, Flavio Lorenzo, Gianluca Maga, Greta Torretta ed Eleonora Vercesi. Team che per la durata l’hackathon è diventato quasi la nostra famiglia! Ci siamo appassionati alla sfida e una volta definita l’app che volevamo presentare ci siamo ufficialmente iscritti. Consapevoli che a giudicarci sarebbe stato un comitato composto da esperti di varie agenzie governative, società tecnologiche, centri di ricerca e istituzioni accademiche non avevamo molte aspettative di passare la prima fase di selezione. Passare tra i primi 30 team su più di 1000 alla nostra prima hackathon sembrava veramente una cosa che succede solo nei film. Ci bastava sapere di aver lavorato bene e aver dato il massimo.
Ma alla fine i film migliori non sono quelli ispirati a storie vere? Ebbene sì, colpo di scena: siamo passati. La seconda fase consisteva nella presentazione del prototipo e nella preparazione di un video dimostrativo di due minuti. Un video pitch che spiegasse non solo il funzionamento dell’app una volta realizzata ma anche la sostenibilità economica del progetto. Ad ogni team era assegnato un mentor. Un esperto nel settore di start up nel nostro caso, al quale si potevano chiedere consigli attraverso riunioni virtuali. Qui abbiamo avuto la possibilità di incontrare Calum Cameron, in collegamento dall’Estonia, e condividere con lui fondamentali momenti di scambio ricevendo importanti spunti di riflessione.
La terza fase prevedeva la partecipazione di soli 15 team su 30 e richiedeva a questi di produrre un prototipo funzionante e non più solo a scopo dimostrativo accompagnato da un business plan completo.
I migliori 5 sarebbero stati i vincitori di un premio di 10 000 $ ciascuno. Inutile dire che incominciavamo a crederci davvero, eravamo molto apprezzati anche dagli organizzatori dell’hackathon e fantasticavamo sul premio in palio, soprattutto dopo essere passati alla terza e ultima fase.
Proprio quando eravamo sulla cresta dell’onda però il vento ha smesso di soffiare e bevendo non poca acqua salata siamo precipitati e ruzzolati fino a riva. Abbiamo perso. Eravamo consapevoli di aver fato comunque un buon lavoro. Già da prima del verdetto ci eravamo confessati il desiderio di voler proseguire con Help2Help indipendentemente da tutto. Ma quando si cade si sa che le cose sono sempre un po’ più complicate. Il nostro film sembrava finito qui. Non avevamo capito però che si trattava solo del primo tempo.
Secondo tempo

Terminata l’Hackathon e terminato lo sconforto iniziale, ci siamo rialzati con discreta agilità e abbiamo guardato avanti pieni di energie. Cosa avevamo tra le mani? Una pagina Facebook con 500 like, due questionari compilati da circa 100 persone che ci suggerivano come muoverci nella realizzazione dell’app, alcune associazioni interessate al nostro progetto, un articolo sulla Provincia Pavese e uno sulla Newsletter dell’Università di Pavia. Non male ma forse non abbastanza.
Era maggio quando il CSV cominciava ad interessarsi al nostro progetto e collabora con noi ancora oggi. Il CSV e in particolare Giada Conti e Davide De Sio sono stati e sono per noi punti fondamentali nella realizzazione di quello che fino a poco prima del loro incontro sembrava un sogno e ora sembra essere sempre più reale.
Le difficoltà comunque non sono state poche, abbiamo anche sperimentato quella che in gergo si chiama Death Valley. Nome forse un po’ tragico, che però rende bene l’idea di quel momento di sconforto e scarsa motivazione che caratterizza l’inizio di molte start-up quando si fatica a ritrovare un riscontro nel proprio lavoro. Ma ciò che importa è che comunque alla fine ci siamo rialzati. Siamo riusciti a ritrovare la motivazione per affrontare le prime difficoltà e vincerle credendoci sempre.
Alcuni di noi poi per motivi di tempo e lavoro hanno deciso di lasciare il team. Anche questo non è stato semplice nè per quelli che rimanevano nè per chi restava.Consapevoli che comunque non era addio ma piuttosto un proseguire su strade diverse ma dirette verso lo stesso obiettivo. Loro non fanno più parte del team fisicamente,ma sono nelle nostre intenzioni, nei nostri progetti e nelle nostre idee e ci sostengono sempre.
Dopo poco è arrivata con noi Elisa Carchidi: la nostra grafica. Lei un po’ come la Fata Madrina con Cenerentola ha rivoluzionato i nostri abiti aggiungendo un magico tocco a ciò che già eravamo. Il nostro team ad oggi è quindi composto da: Carolina Bianchi, Elisa Carchidi, Flavio Lorenzo, Greta Torretta e Eleonora Vercesi. Siamo sempre più vicini al lancio della nostra app. Ormai è questione di pochi mesi e il prodotto sarà finito.
Il finale della nostra storia lo scriveremo con voi.